
Come possiamo prevenire l’antibiotico-resistenza
Come possiamo prevenire l’antibiotico-resistenza?
Lo studio dentistico Gotti&Gotti di Trieste vi propone oggi un articolo di Wired sulla prevenzione dell’antibiotico-resitenza.
È uno dei grandi problemi di salute pubblica dei nostri tempi. E in mancanza di azioni concrete, in futuro è destinato a peggiorare. Parliamo di antibiotico resistenza: la sempre più diffusa capacità di batteri e altri microorganismi di evolvere forme di immunità ai farmaci, trasformando quelle che fino a ieri erano infezioni banali, in nemici letali, contro cui non abbiamo più armi a disposizione. In Europa infezioni simili uccidono ogni anno 33mila persone. In America 22mila. Nel mondo 250mila, a dimostrare che ormai è un problema che non conosce confini. Le strategie per affrontare il problema sono chiare, anche se complesse, e ve le raccontiamo anche su Wired da anni. Uno dei punti centrali comunque è la necessità di ridurre l’utilizzo di antibiotici, che quando usati in modo scorretto non fanno che velocizzare lo sviluppo di resistenze antimicrobiche. E in occasione della settimana mondiale per l’utilizzo consapevole degli antibiotici, in scena quest’anno dal 18 al 24 novembre, abbiamo pensato di concentrare l’attenzione su un aspetto forse meno immediato, ma comunque fondamentale: prevenire è meglio che curare, e non è mai stato vero come nel caso degli antibiotici. Vediamo allora quali sono i comportamenti che permettono di minimizzare il rischio di infezioni, e quindi la necessità di ricorrere agli antibiotici.
Lavarsi le mani
Un gesto semplice, dalle conseguenze difficili da sottovalutare. La scoperta che lavarsi le mani riduce il rischio di contrarre infezioni è ormai vecchia di 150 anni, e può essere fatta risalire al lavoro del medico ungherese Ignaz Semmelweis, che lavorando con le partorienti scoprì la trasmissione batterica da contatto. Ovvero che le mani sporche possono trasmettere le malattie. Nel suo caso, si trattava di febbre puerperale, una patologie che uccideva circa l’1% delle partorienti nei grandi ospedali europei fino alla metà del 1800. Cercando di comprenderne le cause, Semmelweis si rese conto che il problema era di natura igienica (ricordiamoci che l’identificazione di virus e batteri come causa delle malattie prese piede solamente sul finire del diciassettesimo secolo): i medici che assistevano ai parti spesso praticavano anche autopsie, e non esisteva la consuetudine di lavarsi le mani tra un intervento e l’altro. Senza saperlo – capì il medico ungherese – erano gli stessi sanitari a infettare le donne durante il parto. E bastava un semplice lavaggio delle mani con un prodotto disinfettante per eliminare completamente il problema. Un’intuizione che nei decenni seguenti ha contribuito a salvare un numero incredibile di vite, e che ancora oggi continua a dare i suoi frutti: secondo i Centers for Disease Control and Prevention americani, i programmi di sensibilizzazione sull’importanza del lavaggio delle mani determinano un calo del 23-40% dei casi di diarrea, del 16.21% di infezioni respiratorie come il raffreddore, e una riduzione del 29-57% dell’assenteismo scolastico legato a disturbi gastrointestinali. Tutti problemi che possono spingere all’utilizzo di antibiotici.
Evitabili semplicemente con una buona abitudine: lavarsi le mani.
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